DISCUSSIONE: VIOLENZE PSICOLOGICHE SULLE DONNE

VIOLENZE PSICOLOGICHE SULLE DONNE
Quante donne le subiscono quotidianamente, al lavoro, nel loro ambiente intimo e sono “impedite” di vivere senza che questo mobiliti una qualsiasi solidarietà. Quanto tempo ci vorrà ancora perché queste violenze trovino un inizio di riconoscimento?
Quali sono queste violenze?
–    Minacce sull’integrità fisica della persona
–    Pressioni psicologiche che privano la persona dei diritti fondamentali (diritto di non aver paura, paura di abitare a casa sua, di prendersi cura di sé, di godere tranquillamente di quello di cui ha bisogno, di non essere cacciata dal proprio luogo intimo, che questo spazio sia rispettato
Quali sono le conseguenze di queste violenze per chi le subisce?
–    Senso di colpa di non aver fatto tutto il possibile per non riscattare le violenze
–    Incapacità di reagire di fronte alle aggressioni
–    Confusione, paura
–    Incapacità di reagire negli atti normali della vita
–    Desiderio di rompere definitivamente con il passato ma impossibilità di farlo concretamente
–    Depressione, idee di suicidio
Quali sono le reazioni generali delle persone vicine?
–    Fuggire la situazione
–    Non prendere posizione
–    Non cogliere l’urgenza della situazione, prendere tempo
–    Non fare niente
–    Non rispondere alle richieste di aiuto
–    Prendere posizione a favore della o delle persone che fanno queste violenze
–    Rispondere alle richieste di aiuto con reazioni che danno ragione a chi  aggredisce
–    Non aiutare la persona vittima di violenze per paura di aggravare le reazioni violente del suo carnefice se questo aiuto venisse scoperto
Quali potrebbero essere le reazioni delle persone vicine?
–    Prendere posizione: nella situazione, c’è una vittima chiaramente identificabile: quella che viene picchiata, quella che riceve le minacce, quella che si ritrova sulla soglia della porta (mentre l’altro rimane a vivere in casa) e che può tornare a casa solo se e quando lo vuole l’altro.
–    Aiutare la persona vittima di violenza ad esprimersi su queste violenze senza che la parola le sia ritirata rapidamente
–    Accettare senza ambiguità che è vittima di queste violenze bandendo l’idea di condivisione delle responsabilità di quello che sta accadendo
–    Aiutarla concretamente a elaborare azioni che l’aiutano a ritrovare una parte di autonomia e aiutarla a riprendere decisioni per la propria vita
–    Prendere in considerazione che queste violenze sono possibili perché si è creato una situazione di isolamento intorno alla persona collegata alla situazione di violenza fatta nella sfera privata
–    Prendere in considerazione che per motivi vari e complicati, la donna non accusa il suo carnefice
–    Non credere il carnefice quando si presenta nella sfera pubblica come quello che “protegge” la vittima, (es.: “ho rotto la porta per aggiustare la sua lavatrice guasta”, “la sostengo nella sua depressione” ovvero “non credete a quello che dice lei, non sta bene”)
–    Quando un atto limita quello che  lei sta subendo, seguono rappresaglie dall’altro che pensa sempre di aver ragione, quindi aiutare ad affrontarle

LA DONNA VIENE IMPEDITA: è convocata senza sosta in quel luogo, dentro di sé, dove è fragilizzata, dove non può reagire per motivi che le appartengono e sui quali, anche se li conosce, non può agire: come non poter correre via quando è l’unica cosa da fare per salvarsi.

Questo mio contributo è la descrizione di una situazione che sto vivendo a causa di due persone che ospitavo da due anni per evitare loro una pena di prigione.
Questo ci porta a pensare alla questione di “giustizia”, di “punizione”
Quali sono i processi dei nostri gruppi affini per quanto riguarda la punizione?
Ad esempio una persona che mangia la carne in un gruppo di persone vegetariane.
Cosa succede che fa si che non appartiene più al gruppo? Quali sono i danni sulla persona si osservano in questo processo di rigetto progressivo o violento?
Non appartenere più al gruppo in seguito a norme di questo gruppo non è una punizione?
Nel caso dello stupro negli spazi collettivi, quando la strategia scelta è che lo stupratore non sia più accettato in nessun spazio collettivo è una punizione, ma lascia a disposizione dello stupratore tutte le altre donne della terra che non sono protette dalla legge del gruppo. Possiamo accontentarci di questa “giustizia sbrigativa”? Non dobbiamo andare avanti nella riflessione?
Come proteggere una donna vittima di violenze?
Quanto tempo impegnarsi?
Come sostenere una donna vittima di violenze coniugali che appella alla giustizia per proteggersi?
Di fronte al disimpegno delle persone che ci circondano, come fidarsi di un gruppo sul lungo termine per una protezione efficace?
Siamo giustamente contro ogni forma di reclusione, ma quali sono gli spazi permanenti di discussione aperti per riflettere ad alternative?
Nel caso di violenze coniugali, la legge permette di proteggere le donne, ma non vogliamo riconoscere la forza della legge in generale
In realtà, ognuna delle nostre azioni porta più leggi: ad esempio la lotta per dare la possibilità alle donne a decidere del proprio corpo ha condotto alla legge sull’aborto, c’è una legge che riconosce lo stupro nelle coppia, ecc.
Una volta ottenuti, i cambiamenti per i quali lottiamo contribuiscono alla permanenza del capitalismo: più giustizia per le donne ma più prigioni costruite.
Quali strumenti di riflessione possiamo immaginare collettivamente per non soddisfarci più delle nostre analisi sommarie?

 

en français…

Contribution au débat qui va être programmé suite à la projection du film sur les violences conjugales
VIOLENCES  PSCHOLOGIQUES FAITES AUX FEMMES
Combien de femmes les subissent au quotidien, sur leur lieu de travail, dans leur environnement proche et sont « empêchés » de vivre sans que cela mobilise une quelconque solidarité ; Combien faudra t il encore de temps pour que ces violences trouvent un début de reconnaissance ?
Qu’elles peuvent être ces violences ?
–    Menaces sur l’intégrité phasique de la personne
–    Pressions psychologiques qui vont priver la personne de ses droits essentiels (droit de ne pas avoir peur droit d habiter chez elle, de prendre soin d elle, de jouir en tranquillité de ce dont elle a besoin, de ne pas être chassé de son endroit intime, que cet espace soit  respecté
–    
Qu’elles en sont les conséquences pour celle qui les subit
Culpabilité de ne pas avoir fait tout ce qui aurait pu être fait pour ne pas déclencher les violences
Incapacité de réagir face aux agressions
Perte de moyen, peur
Incapacité de réagir dans les actes courants de la vie
Désir de rompre définitivement avec le passé mais impossibilité de le faire concrètement
Dépression, idées de suicide

Quelles sont les réactions assez générales des personnes proches
Fuir la situation
Ne pas prendre position
Ne pas saisir  l urgence de la situation :prendre le temps
Ne rien faire
Ne pas répondre aux demandes d aide
Prendre position en faveur de la ou des personnes qui exercent les violences
Répondre aux demandes d  aide par des réactions qui confortent l agresseur dans son bon droit
Ne pas aider la personne
victime de violence de peur d aggraver les réactions violentes de son bourreau si cette aide est découverte

Quelles pourraient être les réactions des personnes proches
Prendre position : dans la situation il  a une victime clairement identifiable :celle qui prend les coups celle qui reçoit les menaces,celle qui se retrouve sur le pas de la portequand l autre continue d habiter et qui ne peut réintégrer son habitat qu’ au bon vouloir de l autre
Aider la personne victime de violence a s éxprimer sur ces violences sans que la parole lui soit rapidement enlevée
Accepter sans ambiguité qu’ elle est victime de ces violences en bannissant l idée de partage des responsabilités dans ce qui entrain d arriver
L aider concrètement à mettre en place des actions qui vont l’aider à retrouver une part d’autonomie,et l aider à reprendre des décisions pour sa vie
De prendre en considération que ces violences sont possibles car une situation d isolement s est faite autour de la personne inhérente a la situation de violence qui s exercent dans la sphère privée
Que pour des raisons diverses et compliquées la femme n accable pas son bourreau
Ne pas croire le bourreau quand il se présente dans la sphère publique comme celui qui «  protége «  la victime ::j ai fracturé sa porte pour réparer sa machine à laver qui etait en panne
« je la soutiens dans sa dépression »(c est à dire ne croyez pas ce qu’ elle vous dit, elle ne va pas bien)
Quand un acte est posé pour mettre des limites à ce qu’ elle est entrain de subir il s en suit des mesures de rétorsion  de la part de l’autre toujours persuadé d être dans son bon droit : aider à les affronter

LA  FEMME EST EMPECHE : elle est convoquée sans arrêt a cet endroit, à l intérieur d elle-même, ou elle est fragilisée, ou elle ne peut pas réagir pour des raisons qui lui appartiennent en propre et qui même si elle les connaît, elle ne peut pas agir dessus : c est comme ne pas pouvoir  courir quand ça serait la seule chose à faire pour se sauver
Ma contribution est la description d une situation que je suis entrain de vivre du fait de deux personnes que j hébergeais depuis deux ans-hébergement pour les soustraire à une peine de prison-

Ceci va nous amener a nous poser la question de « justice » , »punition »
Quels ont les processus dans nos groupes affinitaires qui sont de l ordre de la punition ?
Par ex une personne qui mange de la viande dans un groupe de personnes végétariennes.
Qu’est ce qui se met en place pour qu’elle n appartienne plus à ce groupe ? Quels dommages sur la personne peut-on observer dans ce processus de rejet progressif ou violent ?
Ne plus appartenir au groupe suite à des normes du groupe n est ce pas une punition ?
Dans le cas de viol dans nos espaces collectifs, quand l action entreprise est que le violeur ne soit plus accepté dans tous les espaces collectifs c est une punition ; mais elle laisse à la disposition du violeur toutes les autres femmes de la terre qui ne sont pas protégées par la loi du groupe. Pouvons-nous nous contenter de « cette justice expéditive » ? Ne devons nous pas aller devant plus de réflexion ?
Comment allons nous protéger une femme victime de violence ?
Quelle va être la durée de notre engagement ?
Comment allons nous soutenir une femme victime de violence conjugale qui fait appel à la justice pour se protéger ?
Devant le désengagement des personnes qui nous entourent comment peut on faire confiance à un groupe sur du long terme pour une protection efficace ?-cela pose le problème de l engagement-
Nous sommes légitimement contre tout enfermement mais quels sont les espaces permanents de discussion que nous avons ouverte pour réfléchir  à des alternatives ?
Dans les cas de violences conjugales la loi a récemment permis  de protéger les femmes : mais nous ne voulons pas reconnaître la force de la loi en général
En fait chacune de nos actions amène plus de lois : par ex la lutte pour que les femmes puissent être maitre de leur corps a entrainé
 la loi sur l i v g, il  a une loi qui reconnaît le viol dans le couple ect
Les changements  pour lesquels nous œuvrons une fois obtenus entrainent une permanence du kapitalisme :plus de justice pour les femmes mais plus de prisons construites
Quels outils de réflexion pourrions nous collectivement imaginer pour  ne plus nous satisfaire de nos analyses sommaires ?

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